ICF-Recovery nasce nel 2020 dall'esperienza di utilizzo dell'ICF nell'ambito delle dipendenze, seguita alla pubblicazione del manuale ICF-Dipendenze (a cura di L. Pasqualotto, ed. Erickson, 2016). La cornice teoretica e gli strumenti ampiamente sperimentati in molti SerD e Comunità Terapeutiche di diverse Regioni italiane hanno indirizzato verso un lavoro più vicino ai bisogni di vita dei pazienti, aperto a coloro che soffrono di disturbi mentali ed altre forme di fragilità in età adulta.
Gli strumenti ICF-Recovery rappresentano un ulteriore passo avanti nella direzione di un moderno approccio riabilitativo, scientificamente supportato da un approccio evidence-based, marcando con maggiore decisione il cambio di paradigma rispetto ai modelli tradizionali nella riabilitazione dalle dipendenze e dalla sofferenza mentale.
La riabilitazione orientata alla recovery
Il concetto di recovery riassume in modo efficace la necessità operativa di riconoscere al paziente la titolarità del suo percorso terapeutico-riabilitativo e la definizione di obiettivi legati alla qualità di vita possibile. Orientare la cura e la riabilitazione alla recovery significa relativizzare la guarigione clinica (centrata sui sintomi) per accompagnare le persone a riguadagnare il controllo sulla loro vita, a maturare un senso di sé positivo nonostante la persistenza della malattia, esercitando ruoli utili e di valore per sé e per gli altri.
L'adozione di tale prospettiva, che ricorre nei documenti ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui disturbi mentali, comporta la risignificazione della guarigione e delle eventuali ricadute, fondamentale per accompagnare efficacemente le condizioni di cronicità nel campo della Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche.
La credibilità di una riabilitazione orientata alla recovery dipende dalla possibilità di fornire evidenze sull'efficacia ed appropriatezza degli interventi messi in atto.
La proposta riassunta nel libro ICF, Salute Mentale e Dipendenze. Strumenti per la riabilitazione orientata alla recovery utilizza il modello biopsicosociale della Classificazione ICF (OMS, 2001) per un assessment iniziale finalizzato all'individuazione degli obiettivi prioritari, per il monitoraggio dei percorsi individuali, per la valutazione degli outcomes secondo tempi predefiniti.
La proposta è inclusiva e non discriminatoria grazie ad una traduzione della recovery in termini di funzionamento (functioning come codificato nell'ICF) negli aspetti tipici dell'esistenza di ogni individuo. Anche l'utilizzo dell'ICF è proposto in modo positivo, cioè centrato prioritariamente sulla normalità della vita a cui aspira ogni individuo.
Nella relazione 2021 al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze, a cura del Dipartimento per le Politiche Antidroga, si ipotizza una formazione diffusa su questi strumenti a supporto della valutazione degli esiti dei trattamenti. Qui è possibile leggere il testo della relazione annuale.
L’OMS e le Nazioni Unite si uniscono agli appelli per abbandonare il modello medico di gestione delle psicopatologie
Il modello organicista ha portato non solo all’abuso della coercizione nel caso di disabilità psicosociali, intellettive e cognitive, ma anche alla medicalizzazione ed alla farmacologizzazione delle normali reazioni ai numerosi stress che fanno parte della vita, comprese forme moderate di ansia sociale, tristezza, timidezza, assenteismo e comportamento antisociale.
Il testo del documento dell'OMS è disponibile a questo link.
A quest'altro link è possibile leggere la traduzione dell'articolo di John Read, pubblicato su Psychology Today, 22 giugno 2021, a seguito del documento OMS.